In materia di violazione dell’art. 595, primo e terzo comma del codice penale (offesa recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità), quando la condotta sia realizzata attraverso social network, ai fini del legittimo esercizio del diritto di critica, nella valutazione del requisito della continenza si deve tener conto non solo del tenore del linguaggio utilizzato, ma anche della «eccentricità delle modalità di esercizio della critica, restando fermo il limite del rispetto dei valori fondamentali che devono ritenersi superati quando la persona offesa sia esposta al pubblico disprezzo, ad esempio con commenti ad hominem umilianti e ingiustificatamente aggressivi». Per cui, frasi offensive, per quanto di cattivo gusto, non possono propriamente dirsi dirette ad aggredire gratuitamente la sfera morale altrui oppure esprimere un disprezzo personale, essendo invece (almeno nel caso in esame) rivolte a rimarcare quel che, a giudizio dell’imputata, sarebbe un’incapacità della persona offesa di attirare il pubblico in occasione di eventi culturali (sono convinta che [tizio] non riuscirebbe a riempire il cesso di casa sua). Né, quindi, l’espressione incriminata può dirsi gravemente infamante al punto da superare il limite della continenza verbale.
Invero, «in tema di diffamazione, il limite della continenza nel diritto di critica è superato in presenza di espressioni che, in quanto gravemente infamanti e inutilmente umilianti, trasmodino in una mera aggressione verbale del soggetto criticato», e dunque «la sussistenza dell’esimente del diritto di critica presuppone, per sua stessa natura, la manifestazione di espressioni oggettivamente offensive della reputazione altrui, la cui offensività possa, tuttavia, trovare giustificazione nella sussistenza del diritto di critica, a condizione che l’offesa non si traduca in una gratuita ed immotivata aggressione alla sfera personale del soggetto passivo ma sia contenuta (requisito della continenza) nell’ambito della tematica attinente al fatto dal quale la critica ha tratto spunto, fermo restando che, entro tali limiti, la critica, siccome espressione di valutazioni puramente soggettive dell’agente, può anche essere pretestuosa ed ingiustificata, oltre che caratterizzata da forte asprezza». Perciò, sempre nel caso che qui ci occupa, potrà dirsi che con la frase in questione l’imputata abbia espresso una critica con toni volgari ma non diffamatorie quindi non tali da travalicare i limiti della continenza e da travolgere la sussistenza dell’invocata scriminante. Per tutte e tali ragioni, il Collegio annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato e per l’effetto revoca le statuizioni civili (Cass. Quinta Sez. Pen. Sent. 22341/2025).
Pubblicazione 20/2025