Daspo Urbano

Nel giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale, la Corte  costituzionale (sentenza depositata il 25 marzo 2024, anticipata dal Comunicato del 25 marzo 2024 qui riassunto), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale ordinario circa il divieto di accesso ad aree delle infrastrutture dei servizi di trasporto e ad altre aree urbane specificamente individuate dai regolamenti comunali i quali, in base al noto decreto Minniti del 2017, il questore può disporre nei confronti di chi, nelle medesime aree, abbia reiteratamente commesso le violazioni di cui all’art. 9, commi 1 e 2 (impedimento della loro accessibilità e fruibilità in violazione di divieti di stazionamento o di occupazione di spazi e altri illeciti specificamente indicati). Secondo la Corte, quindi, è da escludersi, in particolare, che la norma in esame, nel subordinare la misura alla sussistenza di un possibile pericolo per la sicurezza, faccia riferimento alla «sicurezza urbana» quale definita dall’art. 4 del suddetto decreto Minniti, concetto più ampio di quello contemplato dall’art. 16 Cost. (Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale) quale ragione di possibili limitazioni alla libertà di circolazione, in quanto comprensivo anche del mero «decoro urbano». Il termine «sicurezza» deve perciò essere inteso nel senso – coerente con la natura di misura di prevenzione atipica dell’istituto ed in linea, altresì, con il dettato costituzionale – di garanzia della libertà dei cittadini di svolgere le loro lecite attività al riparo da condotte criminose. Pertanto, affinché il divieto di accesso sia legittimamente disposto occorre che vi sia un concreto pericolo di commissione di reati, pericolo che, in base alla lettera della norma suddetta, deve essere rivelato «dalla condotta tenuta» dal destinatario. Sicché, questo esclude anche l’asserita violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità (art. 3 Cost.), nonché quella della garanzia convenzionale della libertà di circolazione (art. 2 Protocollo 4 CEDU), sotto il profilo della carenza di precisione della norma nell’individuazione dei presupposti della misura, carenza non riscontrabile nemmeno in rapporto alla descrizione delle condotte alla cui reiterazione quest’ultima è annessa (Corte Costituzionale, Sentenza 47/2024 - Presidente: Barbera; Redattore: Modugno).

Pubblicazione n. 18 del 27.03.2024