Responsabilità dirigenziale

In tema di rapporto tra il Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), nel caso specifico con riferimento all’art. 192 (abbandono e deposito incontrollati di rifiuti) ed il Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), per quanto qui ci occupa relativamente all’art. 107 (funzioni e responsabilità della dirigenza), perciò in materia di riparto di poteri tra sindaco e dirigente amministrativo, i giudici di legittimità – premesso che il ricorso loro proposto «non attiene affatto al merito della vicenda» e dunque risultando manifestamente infondato segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali oltre alla somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende – hanno ribadito che «quanto all’emanazione di ordinanze come quella in esame, la giurisprudenza amministrativa smentisce la tesi difensiva che attribuirebbe la competenza esclusiva in materia al funzionario (...), infatti, il Consiglio di Stato ha ribadito che il dirigente comunale non può considerarsi competente all’adozione di un’ordinanza adottata ai sensi dell’art. 192 citato, e ciò in base al consolidato orientamento secondo cui l’ordinanza di rimozione dei rifiuti abbandonati può essere adottata esclusivamente dal Sindaco e non dal dirigente, poiché l’articolo 192 del decreto legislativo n. 152 del 2006 è una disposizione sopravvenuta, speciale e derogatoria rispetto all’articolo 107, comma 2 del decreto legislativo n. 267 del 2000 - il quale attribuisce in via generale ai dirigenti l’adozione di atti di natura gestionale e a rilevanza esterna». Di fatto, la Corte di appello, pronunciandosi sulla medesima questione, ha ritenuto, tra l’altro, «non ravvisabile una situazione di dolo o di colpa in capo al Comune, evidenziando che, stante le dimensioni di proprietà dell’ente, non sarebbe certamente esigibile un obbligo di custodia tale da comportare un intervento immediato al fine di prevenire l’abbandono dei rifiuti. Anzi, la sentenza ha sottolineato che il Comune (...), ponendo le cd. “fototrappole”, aveva adottato le precauzioni necessarie a consentire un intervento il più rapido possibile al fine di accertare le violazioni e far ripristinare lo stato dei luoghi, così da non potersi ravvisare un’omissione colposa tale da imporre una responsabilità solidale nel recupero dell’area e, a monte, l’obbligo di notificare anche all’amministrazione l’ordinanza (...) in esame» (Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, Sentenza 9472/2024 - Presidente: Ramacci; Relatore: Mengoni).

Pubblicazione n. 17 del 25.03.2024