In materia di danno cagionato dalle cose che si hanno in custodia, ex art. 2051 Codice civile, dunque prescindendo da eventuali esiti del giudicato penale, l’Ente pubblico, nel caso di specie il Comune, quale custode dei propri immobili e relativi impianti, ne è di fatto responsabile oggettivamente. Sicché, ai fini della configurabilità di detta responsabilità è «sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e l’evento dannoso indipendentemente dalla pericolosità attuale o potenziale della cosa stessa e senza che rilevi a riguardo la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza». Nel caso qui in esame, quindi, risulta provato al di là di dubbi che un giovane sia rimasto vittima per folgorazione giacché venuto a contatto con dei lampioni di illuminazione mentre giocava a pallone con altri ragazzi presso il piazzale antistante la scuola; lampioni ed intero impianto di illuminazione risultati in condizioni fatiscenti con dimostrato nesso causale con l’evento morte, e che pertanto tale stato di non sicurezza, quantomeno con adeguata recinzione che potesse tenere a distanza le persone, ha portato ad escludere l’assunto difensivo del caso fortuito. Vi è più, infatti, secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, va affermata la responsabilità della Pubblica Amministrazione per i danni causati dalle condizioni in cui versa la cosa che ha in custodia «anche quando questa sia modificata ed in quanto e come sia stata modificata, tranne il solo caso in cui la modifica sia avvenuta con modalità tali (immediatamente prima, ad esempio) da escludere oggettivamente la possibilità una qualsiasi pronta reazione». Tuttavia, resta sempre da stabilire se il danno è causato dai lavori al bene in custodia «in costanza dei medesimi», oppure se dipende dalla cosa in custodia «come risultante all’esito dei lavori ed una volta questi cessati da tempo idoneo a consentire il ripristino di una oggettiva possibilità di intervento o adeguamento da parte del custode». Per tali presupposti, sempre con riferimento al caso in trattazione, non soccorre il Comune la circostanza che le condizioni dell’impianto di illuminazione potessero essere ascritte all’esecutore dei lavori. Sicché, per tutti motivi, il Comune va condannato anche al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore delle parti controricorrenti (Cassazione civile, luglio-settembre 2024).
Pubblicazione n. 30 del 25.09.2024