Risponde del delitto di omicidio volontario l'esperto di boxe per aver “commesso il fatto attraverso l’uso di tecniche di combattimento tali da ostacolare la privata difesa”, avendo egli agito “nella consapevolezza che, scagliandosi con la massima intensità” contro il volto del malcapitato lo avrebbe neutralizzandolo con conseguente caduta a terra impattando così su una superficie rigida e con spigoli.
In particolare, “sulla modalità con cui i colpi sono stati inferti, avendo il prevenuto posto in essere una sequenza di colpi - ben quattro pugni di cui conosceva la micidialità - e, quindi, usato una tecnica replicabile solo da chi conosce le tecniche fondamentali di combattimento, tanto da assumere una posizione di guardia e mantenere una certa distanza dalla vittima in modo da sferrare pugni alla massima potenza, come emergente dalla dinamica fattuale interamente ripresa dalle telecamere” ed analizzata da un esperto di tecniche di combattimento della Polizia di Stato.
Per cui, se da un lato “la circostanza aggravante della minorata difesa va valutata caso per caso valorizzando situazioni che abbiano ridotto o comunque ostacolato la capacità di difesa della parte lesa, agevolando in concreto la commissione del reato”; dall’altro lato è indubbio che, nel caso all’esame dei giudici di legittimità, “il fatto è stato commesso da un soggetto particolarmente esperto nell’arte del combattimento, il quale improvvisamente colpiva la vittima, la quale non era vigile o pronta nell’attuare anche una minima difesa poiché colta di sorpresa; - oltre alle capacità tecniche possedute, idonee ad integrare quella particolare condizione da cui il medesimo ha tratto vantaggio nell’esecuzione del delitto”.
Ed inoltre, “sussiste la circostanza aggravante dei futili motivi ove la determinazione criminosa sia stata indotta da uno stimolo esterno di tale levità, banalità e sproporzione, rispetto alla gravità del reato, da apparire, secondo il comune modo di sentire, assolutamente insufficiente a provocare l’azione criminosa e da potersi considerare, più che una causa determinante dell’evento, un mero pretesto per lo sfogo di un impulso criminale” (Cassazione penale, sentenza n. 11985/25).
Pubblicazione 13/2025