La Corte europea dei diritti dell’Uomo e la questione italiana della “Terra dei fuochi” relativa alla gestione dell’inquinamento: «la deterrenza praticamente inesistente, la mancanza di fermezza necessaria nella risposta dello Stato, la quasi impossibilità di ottenere condanne per reati ambientali e, tra le altre cose, i brevi termini di prescrizione».
Nella sentenza contro Italia la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto, all’unanimità, che sussisteva una violazione dell’articolo 2 (diritto alla vita) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Il caso ha riguardato lo scarico la sepoltura o la combustione di rifiuti su terreni privati, spesso eseguiti da gruppi criminali organizzati, nelle parti della regione Campania note come “Terra dei Fuochi”, dove nella zona erano stati registrati tassi crescenti di cancro e inquinamento delle falde acquifere.
Nel complesso, la Corte ha ritenuto che le autorità italiane non hanno affrontato il problema “Terra dei Fuochi” con la diligenza giustificata dalla gravità della situazione. Lo Stato italiano quindi non aveva fatto tutto ciò che gli era richiesto per proteggere la vita dei ricorrenti.
Ai sensi dell’articolo 46 (forza vincolante ed esecuzione delle sentenze), la Corte, tenendo conto della natura persistente del problema e delle carenze sistemiche che hanno caratterizzato la risposta dello Stato, unite al gran numero di persone che ha colpito e che è in grado di colpire, e dell’urgente necessità di garantire loro un risarcimento rapido e adeguato, ha ritenuto opportuno applicare la procedura della sentenza pilota nel caso di specie. (CEDU 028 del 30.01.2025).
Pubblicazione 02/2025