Processi culturali, devianza e mutamento sociale ISSN 2421-5872
La dipartita di Francesco Pazienza, agente del Sismi. Intervista a Stefania Limiti.
L’espressione dei sentimenti.
Tratto da “L’espressione dei sentimenti nell’uomo e negli animali” (1878) Charles Darwin: «Ci gioveremo qui dei fatti osservati tanto nell’uomo che sugli animali; ma sono da preferirsi gli ultimi, perché meno soggetti a trarci in inganno. Principio dell’associazione delle abitudini utili. In date condizioni dell’animo, per rispondere o per soddisfare a date sensazioni, a dati desiderii, ecc., certe azioni complesse sono di un’utilità diretta o indiretta; e tutte le volte che si rinnovella il medesimo stato di spirito, sia pure a un debole grado, la forza dell’abitudine e dell’associazione tende a produrre gli stessi movimenti, benché d’uso veruno. Può nascere che atti ordinariamente associati per l’abitudine a certi stati d’animo sieno in parte repressi dalla volontà; in tali casi, i muscoli sopra tutto quei meno soggetti alla diretta influenza della volontà, possono tuttavia contrarsi e produrre movimenti che ci paiono espressivi. Altra volta, per reprimere un movimento abituale, altri leggieri movimenti si compiono, e pur essi sono espressivi. Principio dell’antitesi. Talune condizioni di spirito determinano certi atti abituali che sono utili, come lo stabilisce il nostro primo principio. Dappoi, allorché si produce uno stato dell’animo direttamente inverso, siamo fortemente e involontariamente tentati di compiere movimenti del tutto opposti, per quanto inutili, e in alcuni casi questi movimenti sono molto espressivi. Principio degli atti dovuti alla costituzione del sistema nervoso, affatto indipendenti dalla volontà e, fino a un certo punto, anche dall’abitudine. Quando il cervello è fortemente eccitato, la forza nervosa si produce in eccesso e si trasmette in certe determinate direzioni, dipendenti dalle connessioni delle cellule nervose, e in parte dell’abitudine; oppure può avvenire che l’afflusso della forza nervosa sia, in apparenza, interrotto. Ne risultano effetti che noi troviamo espressivi. Questo terzo principio potrebbe per maggior brevità dirsi quello dell’azione diretta del sistema nervoso» (cfr. Darwin, 1878).
Diritto e Società.
Una breve richiamo alle istituzioni, alla percezione del potere, alla devianza, forse aiuta l’opinione pubblica meno al dentro dei processi giuridici – ma comunque ugualmente determinante alle scelte del Paese – a comprendere meglio i tanti perché scaturenti da talune decisioni giurisprudenziali. Preliminarmente: «per porre rimedio al groviglio di problemi occorrerebbe riscrivere la storia d’Italia (senza esser neppure sicuri di saperla riscrivere meglio) e poter modificare la società per decreto (ciò che non è né possibile, né auspicabile). La conseguenza è nota anche nella vita quotidiana degli uffici, dove non si è pagati per lavorare, ma per aver vinto un concorso, essendo il lavoro rimesso alla buona volontà di ciascuno». Del resto: «una amministrazione che si controlla e corregge da sé non avrà più bisogno di interventi giudiziali, salvo i casi maggiori e di vera rilevanza penale» (Gli squilibri amministrativi italiani e le loro cause. Qualche rimedio, S. Cassese, in, MicroMega 2/86, pp. 184-185). A proposito del Potere, invece: «Solo chiedendoci che cosa esso sia possiamo comprendere come esso operi. La sua funzione e ineliminabile nel contesto sociale, tanto quanto lo e la disuguaglianza. È in questa prospettiva che si deve porre il problema dell’emancipazione» (Un tentativo di approccio fenomenologico ai molteplici e contraddittori elementi del potere, F. Crespi [1930-2022], in, MicroMega 4/86, pp. 143-169). Infine, almeno per quanto riguarda questo contributo, sul tema della “Violenza in Italia”, rispondeva così ad alcune domande Franco Ferrarotti (1926-2024) sul quotidiano “Stampa Sera” di Martedì 8 Febbraio 1977: «Come mai, in una società industriale, e quindi razionalizzata come la nostra, tanta violenza, cioè tanta esplosione di irrazionalità? Io ritengo che la violenza a livello di percezione soggettiva, individuale, sia un grido d’allarme, un disperato bisogno di venire riconosciuti, di esistere. La violenza “rende visibili”. L’industrializzazione è responsabile dell’attuale situazione? In quindici, vent’anni, dal ‘55 ad oggi, abbiamo trasformato completamente il Paese da agricolo in industriale con la stessa sofferenza umana che aveva accompagnato la rivoluzione industriale in Inghilterra 200 anni fa. E quando una società si trasforma profondamente e rapidamente si verificano sia la scomparsa di determinati valori legati alla tradizione sia la mancanza di assimilazione dei valori della civiltà urbana, industriale, quali il senso di responsabilità non più collettivo ma individuale, il senso del rispetto degli altri come “altri”, la capacità di vivere da soli».