Omessa custodia di animali

In materia di omessa custodia e mal governo di animali, reato previsto e punito ai sensi dell’art. 672 del Codice Penale, un soggetto è stato condannato alla pena di giustizia per avere, nella sua qualità di proprietario di un cane di grossa taglia, cagionato alla persona offesa lesioni personali consistite in una ferita all’avambraccio, in quanto, ha sentenziato il giudice del merito, l’imputato ha omesso di adottare le dovute cautele nella custodia dell’animale, ovvero lo conduceva con guinzaglio lungo circa un metro e mezzo e senza museruola, così che il cane poté avventarsi contro la persona offesa morsicandola e provocargli le lesioni suddette. Ebbene, in sede di ricorso per cassazione, la difesa non ha contestato l’aggressione alla persona offesa da parte del cane, ma «piuttosto la sussistenza del nesso causale fra la condotta della proprietaria e l’evento, prospettando che lo stesso fosse avvenuto non già per violazione di regole cautelari da parte dell’imputata, quanto per il comportamento imprudente della vittima che si era avvicinata al cane di grossa taglia e ne avrebbe determinato, anche in ragione di una pregressa infiammazione all’orecchio ignota all’imputata, la reazione». Sicché, chiosano i giudici di legittimità, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto, in primis, il «proprietario del cane o chi ne fa le veci non si esonera da responsabilità con l’uso del semplice guinzaglio, perché non si può escludere che l’animale possa ugualmente aggredire o mordere se non assicurato correttamente al fianco del padrone»; in secundis, perché la «condotta della persona offesa, consistita nell’avvicinarsi al cane, non poteva valere ad interrompere il nesso di causa fra la condotta colposa dell’imputata e l’evento, posto che la regola cautelare violata era volta a prevenire i rischi collegati», dunque anche quelli riconducibili a comportamenti quali quello tenuto dalla vittima del caso in esame. Di fatto, la decisione del Tribunale ha tenuto debitamente conto anche del «principio per cui, nei reati omissivi impropri, l’effetto interruttivo del nesso causale può essere ravvisato solo a fronte di circostanza che introduca un rischio nuovo o comunque radicalmente esorbitante rispetto a quelli che il garante è chiamato a governare» (Corte di Cassazione, Sezione Quarta Penale, Sentenza 51470/2023 - Presidente: Dovere; Relatore: Ricci).

Pubblicazione n. 03 del 04.01.2024