In materia di responsabilità di colui che ha la disponibilità di impianti ed attrezzature per l’esercizio delle attività sportive, lo stesso soggetto «è tenuto a garantire l’incolumità fisica degli utenti e ad adottare quelle cautele idonee ad impedire il superamento dei limiti di rischio connaturati alla normale pratica sportiva». Infatti, in termini di “rapporto di causalità”, l’art. 40, comma 2, cod. pen, stabilisce che “Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. Tuttavia, giurisprudenza costante chiarisce che «il dovere di garanzia non può essere generico ed illimitato e fonte di responsabilità per qualsiasi evento dannoso occorso agli utenti dell’impianto, ma deve comunque essere ricollegabile ad una concreta rimproverabilità della condotta a titolo di colpa, e, quindi, ad una violazione o di una regola cautelare specifica atta a scongiurare il rischio di evento in concreto verificatosi, ovvero, se il rimprovero colposo è mosso a titolo di colpa generica, deve comunque trattarsi dell’omissione di una condotta effettivamente esigibile da parte dell’agente». Sicché, nel caso qui in esame, nessuna violazione è emersa in merito all’obbligo giuridico del gestore dell’impianto sportivo in narrazione circa la vigilanza sul rispetto delle regole di utilizzo interno dell’impianto; tanto meno circa le specifiche regole previste da normative speciali e regolamenti emanati dalla Federazione sportiva di riferimento. Pertanto, nulla di più poteva chiedersi in concreto al gestore dell’impianto sportivo, ciò anche con riguardo alla ipotesi di effettuazione di «uno studio sulla sicurezza non previsto dalla normativa di settore», oppure circa l’individuazione «di tecnici con esperienza ancora superiore a quelli del comitato impianti della Federazione». Né, parimenti, chiosano i giuridici di legittimità, vale il richiamo al D.Lgs. n.81/2008, «pacificamente riguardante la prevenzione degli infortuni sul lavoro, del tutto esulanti dal caso di specie». Per detti motivi, la sentenza impugnata va annullata perché il fatto non sussiste con conseguente revoca delle statuizioni civili (Corte di Cassazione, Sezione Quarta Penale, Sentenza 1425/2024 - Presidente: Piccialli; Estensore: Miccichè).
Pubblicazione n. 06 del 15.01.2024