Abbandono di animali

Con sentenza del Tribunale (omissis) veniva condannata alla pena dell’ammenda, riqualificando il delitto originariamente contestato di cui all’art. 544-ter Codice penale (maltrattamento di animali) nel reato di cui all’art. 727 (abbandono di animali), comma 2, cod. pen. (alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze). Proposto appello, poi convertito in ricorso per cassazione, i giudici di legittimità lo hanno respinto così motivando: «non è consentito, in sede di legittimità, riproporre acriticamente le medesime doglianze disattese dal giudice di merito con adeguata motivazione priva di vizi logici. Il Tribunale, infatti, con solida esposizione degli esiti istruttori, ha rilevato che l’animale di proprietà della ricorrente era stato trovato in un furgone chiuso, lasciato per ore in uno stato di sofferenza in un abitacolo con poco spazio per respirare, in una giornata di giugno con temperatura di 30 gradi, e proprio nelle ore centrali». Inoltre: «il Giudice ha evidenziato che la ricorrente, valutando come preminente la supposta necessità di frequentare un corso, aveva lasciato il proprio cane in una situazione di oggettiva sofferenza, alla luce delle obiettive e non contestate circostanze appena richiamate. Corretto, inoltre, è il richiamo - contenuto nella stessa sentenza - al costante indirizzo secondo cui costituiscono maltrattamenti, idonei ad integrare il reato di abbandono di animali, non soltanto quei comportamenti che offendono il comune sentimento di pietà e mitezza verso gli animali per la loro manifesta crudeltà, ma anche quelle condotte che incidono sulla sensibilità psico-fisica dell’animale, procurandogli dolore e afflizione». Infine, con riferimento al trattamento sanzionatorio, in assenza di elementi positivi «il Giudice ha negato le circostanze attenuanti generiche, e la natura palesemente fattuale del motivo di appello impedisce di superare l’argomento del Tribunale». Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre alla somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende (Corte di Cassazione, Sezione Settima Penale, Ordinanza 43880/2023 - Presidente: Liberati; Estensore: Mengoni).

Pubblicazione n. 05 del 11.01.2024