Continuazione dei reati

Nel caso qui in esame, un soggetto pluricondannato si doleva del fatto che il giudice dell’esecuzione aveva rigettato l’istanza di applicazione della disciplina della continuazione tra i reati giudicati da oltre venti sentenze irrevocabili. Infatti, il magistrato aveva «escluso l’unicità del disegno criminoso in ragione della distanza cronologica intercorrente tra i reati, del differente contesto geografico, delle diverse modalità esecutive in concorso con sodali variabili, ritenuti tutti elementi dimostrativi dell’assenza di un’unica deliberazione iniziale». Ebbene, sulla base della costante giurisprudenza di legittimità, «in tema di reato continuato, che l’unicità del disegno criminoso presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già presenti nella mente del reo nella loro specificità, e che la prova di tale congiunta previsione deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere», il giudice dell’esecuzione, nel valutare, appunto, l’unicità del disegno criminoso, «non può attribuire rilievo ad un programma di attività delinquenziale che sia meramente generico, essendo invece necessaria la individuazione, fin dalla commissione del primo episodio, di tutti i successivi, almeno nelle loro connotazioni fondamentali, con deliberazione, dunque, di carattere non generico, ma generale». Vale a dire che l’eventuale «esistenza di un medesimo disegno criminoso va desunta da elementi indizianti quali l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, l’analogia del modus operandi e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti». Pertanto, detta «identità del disegno criminoso deve essere negata qualora, malgrado la contiguità spazio-temporale ed il nesso funzionale tra le diverse fattispecie incriminatrici, la successione degli episodi sia tale da escludere la preventiva programmazione dei reati ed emerga, invece, l’occasionalità di quelli compiuti successivamente rispetto a quelli cronologicamente anteriori». Per cui, «la ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sé il caratteristico elemento intellettivo (...) che caratterizza il reato continuato». Per tali motivi, è corretta la motivazione del giudice dell’esecuzione «in ordine all’impossibilità di ritenere i reati di cui alle menzionate sentenze legati dal medesimo disegno criminoso in ragione della distanza temporale tra essi intercorsa, in totale difetto di elementi di fatto comprovanti l’esistenza di un’unica risoluzione criminosa» (Corte di Cassazione, Sezione Prima Penale, Sentenza 7177/2024 - Presidente: Boni; Relatrice: Liuni).

Pubblicazione n. 14 del 04.03.2024