In tema di diffamazione, l’individuazione del soggetto passivo «deve avvenire attraverso gli elementi della fattispecie concreta, quali la natura e la portata dell’offesa, le circostanze narrate, oggettive e soggettive, i riferimenti personali e temporali, i quali devono essere valutati complessivamente, unitamente agli altri elementi che la vicenda offre; così da potersi individuare, con ragionevole certezza, l’offeso e desumere la piena e immediata consapevolezza, da parte di chiunque abbia letto l’articolo, dell’identità del destinatario della diffamazione». Perciò, «la condotta diffamatoria si sostanzia, nella sua oggettiva materialità, nella propalazione di notizie lesive della reputazione di un individuo, intesa come l’insieme delle qualità morali, intellettuali e fisiche da cui dipende il valore della persona nel contesto sociale in cui vive». Sicché, l’accertamento dell’offensività della condotta contestata «impone un apprezzamento sistematico delle parole, scritte o pronunciate, rilevando, sotto tale profilo, esclusivamente il significato obiettivo che l’espressione contestata assume all’interno di un determinato ambiente e in uno specifico contesto storico, non le sconvenienze, né l’infrazione alla suscettibilità o alla gelosa riservatezza, ma solo quelle propalazioni che incidono, nella loro oggettività e secondo il comune senso di decoro, sulla considerazione che la persona (diffamata) ha acquisito, in quel contesto storico, all’interno del gruppo sociale ove essa è inserita. Una condotta oggettivamente diffamatoria, tuttavia, può essere giustificata dall’esercizio della libera manifestazione del proprio pensiero (posto a fondamento del diritto di critica), purché, all’interno di un generale contemperamento di pari diritti di libertà, si rispetti la veridicità della notizia divulgata (in mancanza della quale la critica sarebbe pura congettura e mera occasione di dileggio e mistificazione) e si utilizzino forme espositive corrette, strettamente funzionali alle finalità di disapprovazione, che non trasmodino nella gratuita ed immotivata aggressione dell’altrui reputazione». Tanto premesso, «il tratto caratteristico del diritto di critica, quale diretta manifestazione della libertà di manifestazione del pensiero, consiste nel fatto che esso si manifesta attraverso giudizi e valutazioni. In ciò la differenza rispetto al diritto di cronaca (che dei fatti è - tendenzialmente - fredda rappresentazione): espressione di un giudizio, il diritto di critica; rappresentazione di fatti, il diritto di cronaca» (Corte di Cassazione, Sezione Quinta Penale, Sentenza 14402/2024).
Pubblicazione n. 23 del 19.04.2024