In materia di licenziamento per giusta causa intimato al lavoratore, su elementi di prova forniti da un’agenzia investigativa incaricata dal datore di lavoro, i giudici di legittimità hanno ribadito il principio secondo il quale è inammissibile il ricorso per cassazione sulla base di doglianze riferibili a taluni controlli audiovisivi ed investigativi affidati ad una agenzia investigativa effettuati «attraverso appostamenti e foto, i cui esiti confluivano in rapporti giornalieri, tutti riportati nella relazione investigativa»; nel senso che «l’attività investigativa si è svolta principalmente tramite attività di osservazione, riportata in appunti giornalieri, in alcune giornate a campione (...) al fine di individuare elementi utili a stabilire eventuali assenze anomale del dipendente durante l’orario di lavoro e solo limitatamente anche attraverso l’uso della telecamera». Tuttavia, viceversa, il datore di lavoro non può impiegare l’agenzia investigativa per verificare il corretto adempimento delle prestazioni lavorative del dipendente cui il medesimo è tenuto. Infatti, secondo costante giurisprudenza di legittimità fin qui formatasi, «il controllo delle agenzie investigative deve limitarsi agli atti illeciti del lavoratore non riconducigli al mero inadempimento dell’obbligazione contrattuale». Rammentando, altresì, che anche in «presenza di un sospetto di attività illecita, occorre rispettare la disciplina a tutela della riservatezza del lavoratore, e segnatamente dell’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo come interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU, al fine di assicurare un corretto bilanciamento tra le esigenze di protezione di interessi e beni aziendali, correlate alla libertà di iniziativa economica, rispetto alle imprescindibili tutele della dignità e della riservatezza del lavoratore, con un contemperamento che non può prescindere dalle circostanze del caso concreto». Per cui, l’assunto dichiarato dalla Corte territoriale, secondo cui l’attività lavorativa del ricorrente «poteva essere controllata dall’agenzia investigativa al fine di verificare il corretto adempimento delle prestazioni cui questi era tenuto, pregiudica ogni successivo argomentare», imponendo così un nuovo esame al giudice del rinvio che «verificherà nella concretezza della vicenda sottoposta al suo giudizio se il controllo investigativo riguardasse l’adempimento o l’inadempimento dell’obbligazione contrattuale del lavoratore, oppure, senza sconfinare in una attività di vigilanza dell’attività lavorativa, fosse finalizzato all’accertamento di atti illeciti del lavoratore non riconducigli al mero inadempimento dell’obbligazione contrattuale» (Cass. Civ., Sez. Lav., Ord. 17004/2024).
Pubblicazione n. 28 del 01.07.2024