È penalmente sanzionabile la pubblicazione di post inneggianti a Mussolini e Hitler nonché ai relativi simboli di regime, oltre ai metodi di sterminio degli stranieri, per cui i giudici di merito hanno affermato che le condotte di esaltazione ed apologia erano idonee a porre il rischio di ricostituzione del disciolto partito fascista ed esaltare e propagandare idee razziste e metodi antidemocratici.
Ebbene, sulla base della non controversa ricostruzione materiale dei fatti, caratterizzati dalla pubblicazione di post inneggianti a Mussolini e Hitler e ai relativi simboli di regime, nonché ai metodi di sterminio degli stranieri, sia mediante la soppressione con pallottole, che venivano pubblicamente esibite, sia mediante la deportazione con l’uso di treni blindati, i giudici di merito affermavano che le condotte di esaltazione e apologia erano idonee a porre il rischio di ricostituzione del disciolto partito fascista nonché a esaltare e propagandare le idee razziste e i metodi antidemocratici dai medesimi utilizzati.
Secondo la difesa, si era trattato di post estemporanei e non veicolati in forum o altre comunità aperte dei quali andava verificata la idoneità in concreto a ricostituire il partito fascista o a impressionare le folle, infatti, il profilo Facebook, pur pubblico, era però personale, cioè non appartenente a un personaggio pubblico, sicché poteva essere raggiunto soltanto da coloro che “seguono” il ricorrente e non da una congerie indiscriminata e ampia di soggetti, venendo, quindi, meno il pericolo osteggiato dalla norma incriminatrice.
Tuttavia, le risposte fornite dai giudici di merito, sia in diritto che dal punto di vista motivazionale, sono pienamente aderenti ai principi espressi dalla giurisprudenza poiché «il reato di apologia del fascismo postula una condotta di propaganda ed esaltazione in concreto idonea a procurare adesioni e consensi funzionali alla ricostituzione del disciolto partito fascista», e nel caso in esame l’imputato era ritratto in video e fotografie, poi pubblicati on line, in cui si rivolgeva ai “camerati della rete”, invitandoli a tesserarsi a un movimento definito “fascista” e a partecipare a una manifestazione del medesimo movimento (Cassazione penale, Sentenza 3351/2025).
Pubblicazione 04/2025