Detenzione domiciliare speciale

Con ordinanza del Tribunale di sorveglianza veniva rigettata l’istanza di detenzione domiciliare avanzata nell’interesse del condannato, secondo il quale avrebbe dovuto esservi ammesso per consentirgli di «ricoprire il ruolo di caregiver, esattamente come è consentito alla figura materna, essendosi evidenziata sempre di più l’equivalenza fra i ruoli parentali», stante, appunto, la necessità di accudire la figlia minorenne affetta da disabilità ed in ragione dell’impossibilità della madre di provvedere a tale compito; cosa che, invece, a seguito degli esperiti accertamenti, era emerso, contrariamente alle ragioni assunte dall’interessato, che la madre della minorenne si «dedicava esclusivamente alla cura dei figli e pertanto non sussistevano i presupposti per detta concessione».

Inoltre, lamentava la difesa del condannato, l’art. 47-quinquies ordin. penit. deve essere letto «quale istituto teso alla tutela della prole e anche all’assolvimento di un ruolo di cura paritario da parte dei genitori, al fine di evitare che lo stato detentivo di uno dei due possa riverberare negativamente sullo sviluppo psico fisico del figlio minore portatore di handicap».

Ebbene, non dello stesso avviso sono stati i giudici di legittimità, infatti, dichiarando il ricorso infondato, hanno puntualizzato che l’art. 47-quinquies comma 7 ordin. penit., stabilisce che “la detenzione domiciliare speciale può essere concessa, alle stesse condizioni previste per la madre, anche al padre detenuto, se la madre è deceduta o impossibilitata e non vi è modo di affidare la prole ad altri che al padre”; e che, pertanto, la situazione impediente è da intendersi come «l’impossibilità per il genitore non detenuto di garantire una presenza in famiglia che assicuri la continuità affettiva, avendo riguardo non solo al soggetto chiamato a prestare assistenza, ma anche, e soprattutto, alla situazione del figlio, in considerazione del rischio in concreto derivante per quest’ultimo dal deficit assistenziale, sotto il profilo della irreversibile compromissione del processo evolutivo-educativo».

Su tali presupposti, il Tribunale di sorveglianza ha quindi correttamente escluso che nel caso in esame l’istante versasse nelle condizioni richieste dalla norma in parola, tant’è che dall’integrazione probatoria richiesta di ufficio si è accertato sia uno stato di handicap lieve della figlia della coppia, sia l’impegno continuativo ed esclusivo della madre all’accudimento della stessa, rilevando perciò «l’insussistenza delle condizioni richieste per la concessione del beneficio invocato», rigettando così l’istanza (Cassazione, Prima Sezione Penale, Sentenza 29204/2025).

Pubblicazione 25/2025