Il caso qui proposto riguarda la revoca del permesso di soggiorno, a suo tempo ottenuto dal ricorrente, cittadino extracomunitario, disposta dal Questore per emersione dal lavoro irregolare.
Ebbene, la revoca è motivata in base alla pericolosità sociale dello straniero a seguito sia di una denuncia per guida in stato di ebbrezza, sia di un arresto per stupefacenti con traduzione in carcere, poi convertito in detenzione domiciliare presso l’abitazione di alcuni parenti.
Sicché, nel provvedimento di revoca del permesso di soggiorno si sottolinea la propensione a delinquere del soggetto e dunque la legittimità della revoca stessa in funzione di prevenzione anticipata, secondo cui «la valutazione prognostica della pericolosità sociale dell’interessato può fondarsi, legittimamente, su fatti non ancora accertati penalmente ed inerenti un reato c.d. ostativo al soggiorno sul Territorio Nazionale, che desti, pertanto, particolare allarme sociale, allorquando la notizia di reato sia sufficientemente circostanziata, così da non obliterare la presunzione di non colpevolezza», giungendo ad una valutazione di pericolosità del ricorrente per l’ordine e la sicurezza pubblica “a fronte della presenza in Italia dei soli zii naturalizzati italiani”, sottolineando peraltro che lo zio ha precedenti di polizia.
Di diverso avviso sono state le (vane) argomentazioni difensive, secondo le quali sarebbe stato «omesso di valutare la complessiva situazione del ricorrente limitandosi ad un giudizio basato su quanto riportato nell’ordinanza del GIP», non trovandosi traccia «dell’incensuratezza del ricorrente, né della sua giovanissima età, né tanto meno dell’attività lavorativa svolta».
Tuttavia, in applicazione della costante giurisprudenza, «il diniego di rilascio del titolo di soggiorno può fondarsi non solo su precedenti condanne penali per talune tipologie di reato particolarmente allarmanti [...], ma prevede una sorta di clausola generale che consente alla Questura di valutare qualunque condotta [...] che denoti la pericolosità sociale del cittadino straniero per l’ordine pubblico o per la sicurezza dello Stato», per cui ai fini della revoca del titolo di soggiorno non è necessario che vi sia stata condanna, ma sono «sufficienti elementi di carattere indiziario relativi alla condotta tenuta durante il periodo di presenza in Italia».
Per tutti i motivi, il ricorso è stato respinto con condanna del ricorrente al pagamento delle spese oltre ad oneri ed accessori di legge (TAR Umbria, Sent. 743/2025).
Pubblicazione 33/2025