Diritto allo studio in carcere

Avendo la Direzione del carcere consentito di tenere un numero di libri di quasi quattro volte maggiore a quello previsto, si ritenne che il provvedimento del Magistrato di sorveglianza stravolgesse «il regime carcerario sulla base di una supposta ottemperanza ad un provvedimento già a suo tempo eseguito», anche «a fronte del numero certamente congruo di libri messi nella disponibilità del detenuto». Ebbene, «il provvedimento oggetto di ottemperanza ha affermato la sussistenza di una manifestazione di diritto soggettivo operante in ogni istituto penitenziario, consentendo, a garanzia del diritto allo studio dell’interessato, la possibilità di tenere presso di sé tutti i libri di cui avesse bisogno per l’incombente di studio che a volta a volta lo occupasse, senza limitazioni numeriche predefinite». E rileva come si imponga l’esatta ottemperanza ai contenuti del precedente provvedimento che «con riguardo al numero di testi che il condannato può tenere presso di sé, non lo fissa ma lo funzionalizza alle esigenze di studio che di volta in volta si appalesino». Del resto, il detenuto può «conservare i volumi presso la stanza detentiva o anche nell’apposita bilancetta esterna alla sua camera a scelta, con facoltà per l’amministrazione di prevedere dei limiti massimi al numero di libri che l’interessato può tenere contemporaneamente nella camera detentiva, invece che nella bilancetta (e, quindi, non comunque depositati al magazzino, con le conseguenti difficoltà di scambio) per evitare che dall’ingombro derivi un concreto pericolo di non poter effettuare adeguatamente i controlli ordinari all’interno della camera» (Corte di Cassazione, Sezione Prima Penale, Sentenza 34855/2022 - Presidente SIANI; Relatore DI GIURO).

Pubblicazione n. 26 del 28.11.2023