I detenuti che ritengono di non collaborare con la giustizia possono essere distinguibili in due fattispecie: il silente “per sua scelta”, ovvero chi “oggettivamente può, ma soggettivamente non vuole”; ed il silente “suo malgrado”, vale a dire chi “soggettivamente vuole, ma oggettivamente non può”. Sicché, tale differenziazione determina una lesione del principio di uguaglianza nei casi in cui il detenuto in espiazione pena avanzi richiesta di permesso-premio. Perciò, la valutazione delle motivazioni e le convinzioni soggettive di tutti detenuti non collaboranti (per scelta o per impossibilità), «potrà sempre avvenire, ed essere opportunamente valorizzata, nella fase dell’esame concernente la valutazione della “meritevolezza” del permesso premio richiesto». Su tali premesse, la Corte Costituzionale ha dichiarato, in parte inammissibile, in parte non fondata, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4-bis, comma 1-bis, della Legge 354/1975 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), sollevata in riferimento agli artt. 27, terzo comma, e 3 Cost. (Corte Costituzionale, Sentenza 20/2022 - Presidente CORAGGIO; Redattore ZANON).
Pubblicazione n. 20 del 28.11.2023