Operatori dell’occulto

Secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, «integra il reato di truffa aggravata il comportamento di colui che, sfruttando la fama di mago, chiromante, occultista o guaritore, ingeneri nelle persone offese la convinzione dell’esistenza di gravi pericoli gravanti su di esse o sui loro familiari e, facendo loro credere di poter scongiurare i prospettati pericoli con i rituali magici, da lui praticati, le induca in errore, così procurandosi l’ingiusto profitto consistente nell’incameramento delle somme di denaro elargitegli con correlativo danno per le medesime». Sicché, anche nel caso in esame, la condotta, attribuita all’imputato integra inequivocabilmente gli estremi oggettivi e soggettivi del reato di truffa, a nulla rilevando che le pratiche esoteriche siano state o meno effettivamente eseguite, posto che l’inganno è consistito nello sfruttare la credulità di altri in «ordine alla incidenza delle pratiche sulle vicende umane». Infatti, non solo l’imputato ha incrementato nella donna la convinzione di avere il malocchio facendole credere di averlo verificato grazie alle proprie capacità e competenze nell’occulto, ma le ha anche prospettato la «necessità del completamento del rito propiziatorio, con ciò infondendo in lei il timore di un pericolo immaginario per sé e i familiari, se non avesse corrisposto denaro e non fossero stati completati i riti» (Corte di Cassazione, Sezione Seconda Penale, Sentenza 10609/2021 - Presidente CERVADORO; Relatore PACILLI).

Pubblicazione n. 10 del 28.11.2023