Nel caso in esame, l’autorità giudiziaria negava il permesso chiesto dal detenuto, ristretto in regime di custodia cautelare in carcere, per partecipare al funerale e tumulazione della nonna, osservando che «nonostante la tragica portata dell’evento, nella fattispecie non ricorre l’eccezionalità dell’esigenza posta a fondamento della richiesta e che l’unione spirituale con la nonna deceduta davanti alla tomba può ugualmente realizzarsi mediante il raccoglimento e la preghiera nei luoghi di culto del luogo di detenzione». Inoltre, nel provvedimento venivano evidenziati i rischi stante la spiccata pericolosità del detenuto. Ebbene, l’accertamento circa la concedibilità o meno del permesso richiesto «deve essere compiuto tenendo conto dell’idoneità del fatto ad incidere nella vicenda umana del detenuto; mentre la gravità dei fatti commessi, o la pericolosità del condannato o dell’imputato, sono da valutare esclusivamente ai fini della predisposizione di apposite cautele esecutive». Sicché, la decisione del giudice deve concentrarsi «sulle modalità esecutive del permesso (omissis), proprio in vista della tutela delle rappresentate esigenze di sicurezza ed ordine pubblico, e possono includere (omissis) l’imposizione della scorta». Non da ultimo, «il richiamo alla possibilità di una unione spirituale del detenuto con la nonna defunta all’interno dei luoghi di culto del luogo di detenzione risulta inconferente ed in contrasto con le finalità proprie dell’art. 30 Ord. pen.» (Corte di Cassazione, Sezione Prima Penale, Sentenza 20515/2022 - Presidente ZAZA; Relatore POSCIA).
Pubblicazione n. 23 del 28.11.2023