La liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali, compresi quelli di somministrazione di alimenti e bevande, non è ostativa all’introduzione, da parte dell’amministrazione comunale, di specifiche limitazioni o regolamentazioni, ciò per garantire da un lato l’interesse alla tutela della concorrenza e della libertà di impresa, dall’altro lato il mantenimento della sicurezza pubblica, la tutela dell’ambiente e della salute collettiva. Infatti, il principio della concorrenza non è sottratto a qualsiasi limitazione, dovendo invece essere «applicato e coordinato con la tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali». Sicché, sotto detto profilo, la sola «liberalizzazione degli orari e dei giorni di apertura al pubblico degli esercizi commerciali non può costituire di per sé un vulnus agli altri beni e valori costituzionali diversi dalla concorrenza, tutti insieme tale principi potendo, e anzi dovendo, essere coordinati e resi coerenti tra loro, al fine di assicurare il corretto ed ordinato sviluppo economico e sociale della collettività in generale e dei cittadini singolarmente, trattandosi di principi che non si trovano in una condizione di reciproca esclusione». Da tali motivi, ne consegue che la liberalizzazione degli orari di esercizio «non è incompatibile con l’introduzione ad opera dell’amministrazione comunale di alcune limitazioni all’orario di somministrazione (...) ai fini della tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, nonché del diritto dei terzi al rispetto della quiete pubblica», così come previsto dal Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, articolo 50 comma 7 del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Consiglio di Stato, Sezione Quinta, Sentenza 10583/2023 - Presidente: Sabbato; Estensore: Addesso).
Pubblicazione n. 44 del 18.12.2023