Titoli abilitativi

In materia del titolo di abilitazione conseguito in uno dei Paesi UE per svolgere una professione in Italia, nella comparazione in concreto effettuata dal Ministero quest’ultimo ha l’onere di valutare le domande pertinenti ai sensi delle disposizioni più generali del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), in vista, appunto, di un eventuale riconoscimento della formazione seguita; sul punto, se in assenza delle garanzie e dei requisiti di cui alla Direttiva 2005/36/CE, non è precluso alle autorità nazionali adottare dette garanzie in modo estensivo ma senza opporre inutili formalismi o adempimenti procedimentali in tempi non ragionevoli, esaminando perciò la domanda nel suo contenuto sostanziale e svolgendo la necessaria comparazione.

Per cui, come sancito dalla Corte di Giustizia UE nella propria giurisprudenza prevalente, anche al di fuori del diretto campo applicativo della Direttiva, ed in forza dei principi generali di cui agli artt. 45 e 49 TFUE, qualora l’esame comparativo dei titoli accerti che le conoscenze e le qualifiche attestate dal titolo straniero corrispondono a quelle richieste dalle disposizioni nazionali, lo Stato membro ospitante è tenuto a riconoscere che tale titolo soddisfa le condizioni imposte.

Viceversa, se a seguito del confronto emerge una corrispondenza anche solo parziale tra tali conoscenze e qualifiche, detto Stato membro ha il diritto di pretendere che l’interessato dimostri di aver maturato le conoscenze e le qualifiche mancanti.

Sicché, a tal proposito, spetta alle autorità nazionali competenti valutare se le conoscenze acquisite nello Stato membro ospitante nel contesto, segnatamente, di un’esperienza pratica, siano valide ai fini dell’accertamento del possesso delle conoscenze mancanti, ma se detto esame comparativo evidenzia differenze sostanziali tra la formazione seguita dal richiedente e la formazione richiesta nello Stato membro ospitante, le autorità competenti possono fissare misure di compensazione per colmare suddette differenze.

Inoltre, nel caso in esame, non sussistono i presupposti per sospendere il giudizio per pendenza di analogo rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte di Giustizia UE, né per disporre autonomo rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia poiché la questione oggetto del rinvio è in questo caso irrilevante visto che il Ministero ha correttamente valutato in concreto il percorso di studi svolto all’estero dalla parte interessata, e dall’esito di tale comparazione sono emerse incolmabili differenze tra i due percorsi formativi, estero ed italiano (Consiglio di Stato, Sent. 7765/2025).

Pubblicazione 28/2025